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sabato 25 febbraio 2012

La morte di Spider-Man: eccola qui


Ho aspettato, e ho conservato i numeri precedenti di Ultimate Spider-Man solo per leggere questa saga tutta d'un fiato; una storia della quale tutti han parlato ovunque, della quale si conosceva già il vero finale da mesi, portata avanti con un hype esagerato. Ma alla fine, a conti fatti e a fumetto effettivamente letto, cosa resta?

Resta una buona avventura finale, che forse entrerà nella storia dei comics più per il nome che porta che per la storia in sé, che risulta essere sì un buon prodotto, ma che non riesce comunque ad andare oltre ai soliti problemi di gestione narrativa presenti in tutte le storie dell'Ultimate Spider-Man di Bendis.
La spettacolarità non è fortunatamente eccessiva, e non si cerca di stupire a tutti i costi: le carte da giocare vengono usate al momento giusto per mantenere sempre alto l'interesse e per alimentare quel sottile filo di tragedia incombente che percorre tutta la saga, che regala ottimi momenti: il confronto tra Peter e J. Jonah Jameson rende del tutto giustizia a quest'ultimo personaggio, caratterizzato e sviluppato in maniera molto più credibile e complessa della controparte "classica". Altro momento meritevole è lo scontro tra un Norman Osborn totalmente esagitato (e a tratti esasperato, con una caratterizzazione forse troppo semplicistica) e un Dottor Octopus che, oltre a lasciarci le penne (andandosi ad aggiungere alla foltissima schiera di "morti di lusso senza motivo" dell'universo Ultimate) mostra motivazioni e modi di "essere villain" notevoli.
Ma che dire, della morte in sé? Molto buono il sottile escamotage di farla sembrare quasi sempre una morte simbolica e psicologica, per poi far lasciare sul serio le penne a Peter nelle ultime pagine! Ed è forse la frettolosità degli eventi, la condensazione che non lascia spazio a un'analisi più approfondita, ad essere uno dei problemi principali non solo di questa saga, ma di tutta la gestione Ultimate Spider-Man, che si riprende comunque solo ora con quest'ultimo requiem, visto che l'intera seconda stagione sembrava inserita a forza in un girone bimbominchiesco assolutamente da dimenticare.
Quindi sì, Peter Parker muore sul serio, in una battaglia che non risulta epica veramente, che contiene delle sbavature su cui soffermarsi (non era la prima volta che una ferita da arma da fuoco comprometteva una battaglia a Peter, quindi farla risultare l'ago della bilancia è stato un po' semplicistico) ma che riesce comunque a tenere incollato, a gioire per ogni colpo andato a segno e a preoccuparsi quando le cose si complicano, in una maniera che non succedeva da molto. Non c'era bisogno di una morte epica, perché Peter non è un personaggio epico, ma semplicemente, in questa realtà narrativa, un ragazzino con responsabilità troppo grandi, gestite il più delle volte in maniera frettolosa e errata. La morte di Peter non è spettacolare, né visivamente né narrativamente, ma a conti fatti risulta credibile e onesta, e a livello emotivo lascia il suo giusto strascico di lutto nero e pesantissimo per un personaggio che personalmente ho amato sul serio, il più delle volte anche più della sua controparte originale.
Una morte normale, per un eroe normale, da metabolizzare con una dose di patteggiamento che sembra essere il vero lascito emotivo una volta letta tutta la storia. Se avesse fatto così, se non avesse reagito così... ecco cosa resta, mentre si pensa a questa storia. Ed è proprio per questo che l'obiettivo finale è stato raggiunto.
Ora però spiegatemi perché non aveva la maschera durante l'ultima battaglia, perché questo proprio non aveva senso.

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